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LO SPAVENTAPASSERI
(SCARECROW)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 12 aprile 1974
 
di Jerry Schatzberg, con Gene Hackman, Al Pacino, Dorothy Tristan, Eileen Brennan, Ann Wedgeworth, Richard Lynch (Stati Uniti, 1973)
 
La letteratura americana, da Steinbeck a Kerouac, il cinema dal John Ford di FURORE fino a EASY RIDER o a CINQUE PEZZI FACILI hanno sempre trovato il loro momento magico nell'incontro con la strada. Elementi tipici dello sconfinato continente, miraggio spirituale ed anche formale di evasione dalla mediocrità sedentaria del quotidiano, dell'incontro liberatore con la natura e con l'imprevisto, della possibilità offerta dal provvisorio di una comunicazione più vera e intima con il prossimo.LO SPAVENTAPASSERI appartiene a questo grande filone dell'arte americana.

Dalle prime splendide inquadrature (direttore della fotografia è Vilmos Zsigmond, il medesimo dello straordinario UN TRANQUILLO WEEKEND DI PAURA) della collina gialla e viola, alle visioni di certe albe livide, alle periferie della città, agli scali merci delle stazioni ferroviarie, ai ristori per camionisti è l'aspetto tipico di una certa America che rivive. Quella dei disperati che inseguono eternamente l'illusione di agganciarsi a quello stesso sistema che essi fuggono: un autolavaggio o un figlio sconosciuto sono le molle diverse che li spinge a proseguire. Quando questo si spezza è l'individuo stesso si spegne, come il personaggio di Al Pacino.

Il film vanta momenti di grande vena: si pensi all'incontro con le due ragazze, al personaggio straordinario di Frenchie. A certi ambienti della provincia americana coi personaggi ai quali sembra che Schatzberg abbia sbattuto la cinepresa in faccia, improvvisamente. Il regista ha un grande talento: il suo film è estremamente controllato, di quella semplicità difficile da raggiungere, fatta di studio e di autocontrollo. Tuttavia dietro al grande talento di Schatzberg c'è una impalcatura intellettuale che tende a disturbare, come disturbava in THE PANIC IN NEEDLE PARK, il film sul mondo dei drogati che il regista a girato in precedenza, e che pure aveva vinto uno dei premi a Cannes.

Gli estimatori di Schatzberg dicono di lui che è il più grande realizzatore delle nuove generazioni, il testimonio più lucido della società permissiva americana. Guardando la sua opera da una prospettiva diversa, certi valori si rovesciano: Al Pacino tende a ricalcare, comprese le mossette, Dustin Hoffman. E forse anche per questo LO SPAVENTAPASSERI ricorda molto, ma anche nello stile UN UOMO DA MARCIAPIEDE, esempio di realismo poetico discutibile e di pseudo capolavoro. E sulle tracce della falsa naturalezza di Pacino – Hoffman vi è tutta una verità “istintiva” del film che si fa ambigua. Così, Schatzberg rimane, a mio parere, tutto da scoprire. Nel bene o nel male. Il suo è un cinema dell'intelligenza e del ragionamento. Ma non completamente di quel calore poetico che la vicenda, di per sé stessa esemplare, di Gene Hackman e di Al Pacino ha suggerito a taluni.


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